Associazioni culturali di promozione sociale (APS)
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APPROFONDIMENTI della nostra redazione
Odv e Aps, convenzioni con la vecchia anzianità
|NORME E TRIBUTI|p. 25|di Gabriele Sepio, Jessica Pettinacci
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Manuale Terzo Settore – Gli enti associativi
7.2 Le associazioni di promozione sociale (APS)
a cura di Ilaria Ioannone, Marina Garone
Altra categoria speciale di ETS è quella delle associazioni di promozione sociale, precedentemente disciplinate dalla L. 383/2000 per le quali il CTS ha previsto un’apposita sezione del registro e specifiche disposizioni civilistiche e fiscali. Si tratta, a ben vedere, di una qualifica che si presta ad essere assunta da diverse tipologie di enti, dalle associazioni del mondo sportivo, agli oratori fino alle pro-loco.
Requisiti per la qualifica
La qualifica di APS è legata al rispetto di specifici requisiti civilistici. Dal punto di vista formale, possono essere APS solo gli enti costituiti in forma di associazione, riconosciuta, o non, da un numero non inferiore a 7 persone fisiche o a 3 associazioni di promozione sociale (art. 35 CTS). Tali requisiti sono efficaci dall’entrata in vigore della riforma (3 agosto 2017), per cui le APS costituite dopo questa data con un numero di associati inferiore al minimo sono state tenute necessariamente a integrarlo in vista del passaggio nel Runts. A tal fine, stando alle indicazioni ministeriali (Nota del ministero del Lavoro 28.5.2019, n. 4995), sarà possibile adottare una delibera dell’assemblea straordinaria con il consenso di un numero di associati almeno pari a quello richiesto, volta a manifestare/confermare la volontà di adottare la qualifica di APS.
A differenza di quanto previsto dalla normativa precedente, le attività istituzionali possono essere rivolte indifferentemente a favore dei propri associati, di loro familiari o di terzi rispetto agli associati. Le stesse, però devono essere svolte avvalendosi in prevalenza dell’attività di volontario dei propri associati o degli aderenti ad enti associati. Del resto, le prestazioni di lavoro (autonomo, dipendente o di altra natura) sono consentite solo se necessarie ai fini dello svolgimento dell’attività di interesse generale o al perseguimento delle finalità e, in ogni caso, il numero dei lavoratori impiegati non può superare del 50% quello dei volontari o del 5% quello degli associati.
Attività esercitabili
Come tutti gli ETS, le APS sono tenute a individuare una o più attività di interesse generale tra quelle elencate all’art. 5 CTS, avendo cura di selezionare i settori in cui effettivamente operano (o intendono operare), onde evitare il rischio di rendere indeterminato l’oggetto sociale. In aggiunta, per autofinanziarsi possono svolgere anche attività di raccolta fondi (art. 5) o «diverse» (art. 6 CTS). Queste ultime sono consentite solo se secondarie e strumentali rispetto alle attività di interesse generale e possono essere svolte solo se la relativa facoltà è prevista nello statuto (eventualmente rinviando ad una futura scelta dell’assemblea o dell’organo amministrativo l’individuazione delle attività «diverse»).
L’impiego dei lavoratori nelle OdV e APS
Per quanto concerne l’impiego dei lavoratori, in linea generale, il Codice del Terzo settore prevede che OdV e APS come enti del Terzo settore nello svolgere le attività di interesse generale (art. 5 CTS) si debbano avvalere in modo prevalente dell’apporto volontario dei propri associati.
Sia per le OdV che per le APS, tuttavia, è comunque prevista la possibilità di avvalersi di lavoratori dipendenti, autonomi o anche di altra natura, qualora ciò sia funzionale in generale ad un migliore perseguimento delle proprie finalità istituzionali, purché vengano rispettate particolari limiti legati all’utilizzo di tali prestazioni lavorative.
Per le OdV, il numero dei lavoratori eventualmente impiegati non può superare il 50% del numero dei volontari (art. 33, co. 1); per le APS occorre rispettare lo stesso criterio appena menzionato oppure, in alternativa, quello per cui il numero dei lavoratori non può superare il 5% del numero degli associati (art. 36, co. 1).
Sul punto, è intervenuto il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali che, con la Nota 30.11.2021, n. 18244, ha fornito importanti chiarimenti sulla nozione di «lavoratore» utile anche al fine di misurare il rispetto delle percentuali indicate agli artt. 33, co. 1, e 36, ultimo periodo, del Codice del Terzo Settore. A tal riguardo, il ministero del Lavoro ricorda che, per qualificare il concetto di «lavoratore», è necessario rifarsi al disposto dell’art. 8, co. 6, lett. r), D.M. 15.11.2020, n. 106, che regola le procedure di iscrizione al Runts. In tale sede, infatti, viene specificato che, per soggetti «lavoratori» all’interno dell’ente occorre riferirsi a tutti coloro per i quali è stata attivata una posizione previdenziale, quindi, ai lavoratori dipendenti e parasubordinati. Restano pertanto fuori dal computo i lavoratori occasionali e coloro che svolgono «una tantum» prestazioni lavorative di carattere autonomo.
Vanno inoltre inseriti nel computo anche i dipendenti distaccati presso l’ente sulla base di specifici accordi formalizzati (ovviamente vanno invece esclusi i dipendenti dell’ente distaccati presso altri soggetti).
L’ultimo chiarimento relativo alla disciplina dei rapporti di lavoro all’interno degli enti del Terzo settore riguarda la possibilità che gli associati di una OdV svolgano per conto della stessa una prestazione lavorativa, di natura dipendente o autonoma. In proposito, viene nuovamente richiamato il contenuto degli articoli 33 e 36 del Codice. Tuttavia, mentre per le APS l’art. 36 espressamente dispone che è possibile, per gli enti di questo tipo, avvalersi di prestazioni lavorative anche dei propri associati, analoga previsione non è contenuta nell’art. 33. Di conseguenza, si deve ritenere che per le organizzazioni di volontariato non sia possibile avvalersi di prestazioni lavorative degli associati.
I volontari nelle APS e OdV
Proprio con riferimento all’aspetto legato all’obbligo per APS e OdV di avvalersi, nello svolgimento delle proprie attività, prevalentemente dell’operato volontario dei propri soci, stabilito dagli artt. 32, co. 1, e 35, co. 1 del Codice del Terzo settore, è sorto il dubbio di come dovesse essere misurato il citato parametro della prevalenza. Sul punto il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali con la Nota 30.11.2021, n. 18244 ha chiarito che, per valutare la prevalenza dei volontari è necessario fare riferimento ad un vero e proprio «criterio per teste», enumerando i soggetti che risultano iscritti nel registro dei volontari dell’ente ed eventualmente in quelli degli enti aderenti di cui effettivamente l’ente si avvalga.
Un criterio quello capitario che, ai fini del calcolo del rapporto percentuale lavoratori/volontari, è diverso da quello che deve essere utilizzato ai fini del calcolo dei costi dell’ente previsto dal D.M. 19.5.2021, n. 107, in tema di attività diverse. In quest’ultimo caso, infatti, è necessario effettuare una valutazione contabile delle ore/uomo dell’attività volontaria effettivamente svolta. Tale ultimo parametro, del resto, è lo stesso che deve essere seguito per dare conto dei costi e proventi figurativi all’interno del bilancio degli Enti del Terzo settore, secondo quanto prevede il D.M. 5.3.2020 sugli schemi obbligatori di bilancio per questi soggetti.