Cesare Terranova svolse a Palermo le funzioni prima di giudice istruttore e poi di pubblico ministero mentre la mafia consolidava a Palermo il centro dei propri affari, dopo la grande migrazione dalle campagne che avvenne tra la fine degli anni Cinquanta e gli inizi degli anni Sessanta. Il processo di urbanizzazione coinvolse tutte le città italiane, ma a Palermo fu frenetico. In soli dieci anni, dal 1951 al 1961 gli abitanti aumentano di centomila unità. La mafia volse il suo interesse prima ai mercati ortofrutticoli, che costituiscono il tramite tra la campagna, dove la forza della mafia resta rilevante, e le esigenze dei nuovi cittadini, i quali, soddisfatti i bisogni primari, cominciano ad avere bisogno di case. L’edilizia diventa perciò il nuovo grande affare, non solo dal punto di vista economico ma anche e soprattutto dal punto di vista della determinazione di nuove alleanze. Costruire vuol dire avere contatti quasi quotidiani con l’amministrazione comunale e con i suoi dipendenti, con gli assessori e i loro collaboratori, con la borghesia professionale della città, ingegneri, architetti, geometri, commercialisti, avvocati, dipendenti e dirigenti di istituti bancari.