Un esame della responsabilità patrimoniale (d’ora in poi: r.p.) che ambisca, oggi, ad andare appena un po’ oltre una ordinata ricognizione dello stato dell’arte, non può non registrare un appassimento (o, appunto, un tramonto) del nostro istituto: e ciò sia sotto il profilo teorico, sia sotto il profilo pratico-applicativo. Dal punto di vista teorico, perché, alla fine, dopo un dibattito fervorosissimo, protrattosi fino all’entrata in vigore del codice del ’42, è prevalsa l’idea che l’essenza dell’obbligazione risieda nella cooperazione, ovvero nella condotta dovuta dal debitore e nella prestazione attesa dal creditore. Dal punto di vista pratico-applicativo, perché la r.p. è stata interessata da fenomeni erosivi di vario tipo (penso, fondamentalmente, alla generalizzazione del binomio “sovraindebitamento-esdebitazione”, al diffondersi di strumenti negoziali ispirati all’esigenza di allestire forme di autotutela esecutiva e, infine, al fenomeno dei patrimoni separati) che ne hanno depresso l’operatività.