I recenti, drammatici eventi (la pandemia (1), certamente, ma anche i diversi fronti bellici purtroppo ancora aperti e in espansione (2)) ci ricordano, ogni giorno, come le “crisi”, collegate a queste medesime tragedie, esistano e siano “drammaticamente” attuali e come le stesse impattino, in modo anche violento, certamente sull’economia, ma anche su quella che, potremmo definire, con formulazione a-tecnica, “realtà sociale” e, quindi, a seguire, su quella giuridica (3). Lo scopo di questo studio è, tuttavia, al di là di forse fin troppo generiche prese d’atto, verificare, concretamente, sebbene in un settore ben specifico, se sia preferibile un modello legale di risoluzione delle criticità legate al verificarsi degli eventi sopra evocati ovvero un modello “convenzionale” legato, prevalentemente, a strumenti di auto-tutela connessi ed espressione dell’esercizio del potere dei privati (4). Entrambi i corni dell’alternativa possono, in realtà, essere ricondotti alla nozione di contract governance, evocata sin dal titolo di questo lavoro; nell’accezione rientra, infatti, oltre che la c.d. opzione normativa classica, quale risposta regolatoria, per via legislativa, a determinate situazioni, anche l’idea del “governo” per via del contratto cioè, come pur si è scritto, lo “schema per cui il contratto si fa esso stesso strumento di regolazione e amministrazione dei rapporti economico-sociali (assumendo così un sempre più marcato valore normativo”) (5). La disamina — che ci impegnerà, in questo contesto di contract governance — di singole ipotesi pattizie segue una duplice sollecitazione e/o selezione.